Il Giappone dopo Shinzo Abe. Perche’ il paese del Sol Levante avrà sempre più importanza per gli equilibri asiatici e mondiali

 
Il Governo del Premier Fumio Kishida potrebbe essere agli sgoccioli. Dopo la morte di Shinzo Abe, Primo Ministro del Giappone per più di 10 anni, continua la discussione sulla modifica alla “Costituzione pacifista”. La Cina resta alla finestra a guardare.

Per collocazione geografica il Giappone è stato, dal dopo guerra ad oggi, un alleato cruciale degli Stati Uniti. In pochi ricordano la foto che ritrae l’Imperatore Hiroito e il Generale Douglas MacArthur, supervisore americano sullo stato nipponico. Hiroito si posiziona alla sinistra di MacArthur, nel posto di solito riservato alle donne dei potenti. Messi a fianco, spicca l’altezza del Generale statunitense rispetto a quella dell’Imperatore. La differenza tra i due è anche simbolica: è la fine di un’epoca, l’Imperatore giapponese, ultima figura di prestigio della popolazione, è ora superato da un delegato di una potenza estera. 

Come Shinzo Abe vedeva il futuro del Giappone

Precisamente 77 anni dopo, in una tipica giornata di campagna elettorale, Shinzo Abe, lo statista più importante del XXI secolo, viene assassinato da un cittadino al fine di vendicare la propria madre, finita sul lastrico a causa delle donazioni effettuate a favore della chiesa dell’unificazione a cui Abe era legato. Nonostante lo shock causato dall’accaduto, non vi è stata alcuna corsa alle urne dettata dall’impulso emotivo. Anzi, si è registrata una bassa affluenza. Difatti dal 1990, nessuna elezione ha ottenuto più del 70% di affluenza, e nelle ultime si è toccato appena il 56%: sinonimo di un totale discostamento tra il popolo e i governanti.

Prima della sua morte, Abe si era momentaneamente ritirato dalla vita politica, secondo alcuni a causa di motivi di salute, per altri in attesa di una nuova situazione propizia per prendere di nuovo il potere. Ad ogni modo, ha sempre continuato a partecipare al dibattito pubblico. In particolare, durante un programma televisivo, appoggiò la possibilità di condividere con gli Stati Uniti i propri armamenti nucleari. Rapida fu la contrarietà del premier Kishida, a cui si unì quella degli hibakusha, i sopravvissuti al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki. Argomentazione non da poco e che solo Abe, dall’alto dell’autorità che aveva costruito negli anni di governo, poteva sostenere davanti l’opinione pubblica.  

Nella visione del defunto Abe, l’inizio di un conflitto in territorio europeo avrebbe creato una profonda fase di instabilità anche nel sud-est asiatico, cambiando la percezione dei giapponesi della propria sicurezza territoriale. Occorreva, quindi, dare maggiori prove di forza nei confronti della Cina e Corea della Nord.  Per di più, Abe aveva previsto entro il 2020 la revisione dall’articolo 9 della Costituzione che “proibisce la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali che coinvolgono lo Stato”.

L’instabilità dell’attuale Governo

Contemporaneamente Primo Ministro e Presidente del Partito Democratico Liberale, Fumio Kishida ha da poco terminato il primo anno del suo mandato in cui ha dimostrato di voler mantenere una certa continuità con i suoi predecessori per quel che riguarda la politica estera. In particolare, ha confermato di voler continuare ad aumentare la capacità navale e militare, considerate le continue minacce della Corea del Nord (da ultimo l’invio di alcuni test missilistici) e delle continue intimidazioni di invasione di Taiwan da parte del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. Preoccupazioni espresse peraltro direttamente allo stesso Xi nel corso del APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) svoltosi in Thailandia.

Poche settimane fa, Kishida ha ricevuto da un gruppo di esperti un pacchetto di proposte per rafforzare la sicurezza interna giapponese e per rimediare le risorse finanziarie necessarie. Sebbene l’opinione pubblica giapponese si sia dichiarata a favorevole ad un aumento delle spese militari, ha altresì manifestato la contrarietà all’imposizione di ulteriori tasse sui consumi, vista la stagnazione economica.

 Il Governo di Kishida si sta dimostrando debole e instabile. Nonostante l’annuncio di un pacchetto di misure economiche da 200 miliardi di dollari, gli ultimi sondaggi constatano poca soddisfazione nei confronti dell’esecutivo. Negli ultimi mesi, tre ministri si sono dovuti dimettere a seguito di scandali relativi a presunti finanziamenti illeciti e a causa della vicinanza non dichiarata con la chiesa dell’unificazione.

a cura di Fabrizio Belfiori