Cuba: un Paese ai limiti dell’implosione

Cuba sta affrontando una delle peggiori crisi degli ultimi decenni: la carenza di beni di prima necessità e medicinali, l’inflazione in costante aumento e le relative difficoltà economiche stanno spingendo moltissimi cittadini a lasciare l’isola. Nel tentativo di risolvere questa drammatica situazione, il governo aprirà il mercato agli investitori stranieri per la prima volta in sessant’anni.

Una situazione drammatica

A più di un anno dalle proteste dell’11 luglio 2021 – quando migliaia di cittadini cubani sono scesi nelle piazze di molte città per chiedere un cambiamento delle condizioni di vita – la situazione sull’isola è di nuovo ai limiti dell’implosione. 
Le difficoltà economiche, i blackout lunghi e frequenti, l’inflazione galoppante, la carenza di prodotti di base, generi alimentari e medicinali e la mancanza di prospettive per il futuro continuano a creare malcontento nella popolazione. Quest’ultima, nel pieno dell’esasperazione, è sempre più spinta ad emigrare verso gli Stati Uniti, nonostante rischi di perdere la vita nella difficile traversata o di essere intercettata e rispedita indietro dalle autorità locali.

Secondo i dati dell’Oficina de Aduanas y Protección Fronteriza de Estados Unidos​, negli ultimi undici mesi quasi 180.000 cubani sono riusciti ad entrare illegalmente nel Paese attraversando il confine messicano, mentre altri 8.000 hanno cercato di farlo via mare, tentando di valicare lo stretto della Florida su fragili imbarcazioni. Stando ai numeri, si tratterebbe di una crisi migratoria senza precedenti, maggiore di quella di Mariel del 1980 e di quella de las balsas del 1994, quando furono rispettivamente in 125.000 e 30.000 a lasciare l’isola per inseguire il sogno americano.

È una situazione che rischia di aggravarsi ulteriormente nel breve periodo. A confermarlo sono alcuni sociologi ed economisti cubani intervistati dal quotidiano spagnolo El País, secondo i quali, la grande crisi che attraversa Cuba è ormai strutturale e affinché possa essere risolta “ci vorranno tempo, capitali, aiuti finanziari e riforme radicali” che, ad oggi, non è ancora chiaro se il presidente Miguel Díaz-Canel sia disposto ad intraprendere e sostenere.

Le ragioni della crisi attuale

Una serie di fattori avrebbe contribuito a creare questa complessa situazione, compreso l’embargo economico, commerciale e finanziario degli Stati Uniti contro Cuba, in vigore da ormai più di sessant’anni. Rispetto alla politica di distensione dell’era Obama – grazie alla quale Washington e l’Avana avevano compiuti decisivi passi in avanti verso la normalizzazione dei rapporti – l’ex presidente Donald Trump ha non solo confermato, ma anche inasprito le misure sanzionatorie nei confronti dell’isola, causandone, nel 2020, una perdita economica di 5,5 miliardi di dollari, circa il doppio di quello che avrebbe guadagnato in un anno con il turismo. Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca la situazione è rimasta pressoché inalterata: delle 243 sanzioni imposte dal predecessore, egli ne ha revocate solamente 8. 

A peggiorare ulteriormente la crisi è arrivata poi la pandemia da Covid-19 che ha di fatto bloccato il settore turistico, una delle principali fonti di reddito per il Paese. “Da un giorno all’altro è mancato l’afflusso di turisti che, con i dollari e gli euro, iniettavano ossigeno nelle casse dell’economia”, scrive Jood de Vriest, giornalista e scrittrice olandese sul quotidiano Volkskrant. “Dopo la prima fase dell’emergenza sanitaria, Cuba non ha fatto quasi in tempo a riaprire le frontiere che il prezzo dei generi alimentari e delle materie prime è schizzato alle stelle”. A tutto ciò, si è aggiunta anche l’invasione russa dell’Ucraina che ha esacerbato ancor di più le difficoltà già esistenti.

Inoltre, non si può negare una chiara responsabilità da parte del governo cubano che, secondo gli analisti, non ha saputo introdurre quelle riforme necessarie per rendere più forte e più sana l’economia dello Stato. La somma di questi fattori, insieme al progressivo deterioramento dei servizi pubblici e alla carenza cronica dei prodotti di base, avrebbe così di fatto alimentato un diffuso sentimento di pessimismo tra i cittadini che, ad oggi, preferiscono abbandonare la patria e tentare la sorte altrove, piuttosto che patire miseria o subire le pressioni da parte delle autorità governative.

Un nuovo provvedimento

Per far fronte al carovita e alle difficoltà economiche, a metà agosto il governo ha annunciato un nuovo decreto legislativo che si pone in antitesi ai principi della rivoluzione castrista: per la prima volta Cuba permetterà agli investitori stranieri di partecipare al commercio all’ingrosso e al dettaglio dell’isola, dopo sessant’anni di politiche di nazionalizzazione del mercato interno.

A render noto il provvedimento è stata la viceministra per il Commercio Estero e gli Investimenti Stranieri, Ana Teresita González Fraga durante la messa in onda del programma radio-televisivo Mesa Redonda. “Agli investitori stranieri”, dichiara, “sarà consentito possedere grossisti locali o entrare nel mercato attraverso joint venture”. Più esattamente, “nel settore della vendita al dettaglio, Cuba consentirà ‘selettivamente’ ad alcuni imprenditori stranieri di entrare nel mercato, a condizione che l’investimento contribuisca agli obiettivi socialisti del governo e riduca i prezzi”.  

La finalità della riforma è, dunque, quella di diversificare ed ampliare l’offerta per la popolazione locale e di contribuire, al contempo, alla ripresa dell’industria nazionale. Tuttavia, permangono numerosi dubbi circa il fatto che il mercato cubano possa effettivamente rivelarsi attraente per gli investitori stranieri, data la forte ingerenza del Partito Comunista. È la stessa ministra a precisarlo: “pur consentendo alcune joint venture pubblico-private con le aziende rimaste nel Paese, lo Stato manterrà il suo dominio nel commercio al dettaglio”. Ecco che allora le parole pronunciate da Fidel Castro nel 1961 risuonano incredibilmente attuali: “Dentro de la Revolucióntodocontra la Revoluciónnada”. Ampliare gli obiettivi sì, ma senza infrangerli.  Eppure, come sottolinea Claudio Matricardo, giornalista e blogger sull’America Latina per Huffington Post Italia, “La rivoluzione, se vuole essere all’altezza della sua storia, deve saper cambiare se stessa dando risposte che parlino al presente e che siano capaci, soprattutto, di far intravedere un possibile futuro”.

A cura di Mirida Mabel Rondon Mujica

In foto: Proteste nazionali a Cuba nel luglio 2021